Luigi Alessandro Parravicini

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Profilo bio-bibliografico curato da Giampaolo Zagonel in occasione del restauro della tomba del Parravicini ad opera dell’associazione Serravalle Viva.

Chi fu Luigi Alessandro Parravicini?
La domanda non è retorica, perché nella storia della cultura italiana la figura di Parravicini riappare ormai solo sporadicamente e nel nostro paese è nota solo ad alcuni studiosi.
Il suo nome rimane vivo a Vittorio Veneto grazie a un palazzo a lui intestato, il Piazzoni-Parravicini in via Calcada, ma soprattutto per la scuola elementare Parravicini che si trova nell’omonima via. Ma nonostante questo, anche a noi vittoriesi questo nome non dice molto e ci risulta difficile legare questa figura a qualche evento od opera.

Eppure Luigi Alessandro Parravicini fu, nell’Ottocento, personaggio di primo piano nella costruzione di un’Italia culturalmente unita e nella nascita di una delle sue principali istituzioni: la scuola. L’opera principale di Parravicini, il Giannetto, rappresentò forse il più grande successo editoriale del secolo e, come scrive Fabrizio Govi nel suo I classici che hanno fatto l’Italia (Giorgio Regnani Editore, 2010) «il più importante libro italiano per bambini prima di Pinocchio».
Il restauro della sua tomba, nel cimitero cittadino di S. Andrea, è allora occasione per riscoprire due tasselli importanti della storia italiana, non solo il Parravicini, ma anche il Giannetto.

Cominciamo dall’autore. Nato probabilmente nel 1797 in Lombardia (forse a Milano, forse a Como o a Ispra, in provincia di Varese), Parravicini fu ragazzo precoce e di grande intelligenza. Dopo una laurea ottenuta già a vent’anni, si dedicò presto all’insegnamento, sua grande vocazione. Iniziò da maestro elementare a Bergamo, ma dopo soli 5 anni, ancora giovanissimo, divenne direttore dell’Imperial Regia Scuola elementare di Como, incarico che ricoprì dal 1826 al 1842, quando passò a Venezia per istituirvi la prima scuola tecnica.
Il suo impegno nell’insegnamento fu totale; per Parravicini divenne una missione di vita affrontarne i vari aspetti: dagli studi pedagogici alla metodologia didattica, dalla formazione del personale docente all’organizzazione del sistema scolastico, allora agli albori.

Nel 1820, quando prese servizio a Bergamo, non solo non esisteva l’Italia come entità politica, ma non c’era nemmeno, in nessuno dei vari stati di cui si componeva la penisola, la scuola elementare, né vi era l’unanime consenso sulla necessità di un’istruzione obbligatoria, gratuita e aperta a tutti. Le uniche scuole erano gestite dal clero e chi poteva permetterselo si avvaleva di istitutori privati. L’analfabetismo era prossimo al 90%, mancavano strutture, leggi, maestri, mancavano anche testi che fossero stati pensati per lo studio dei bambini.

Partecipando a un concorso indetto a Firenze dalla “Società fiorentina dell’istruzione” per il miglior testo educativo rivolto ai fanciulli dai 6 ai 12 anni, Parravicini sottopose un suo testo, dal titolo Giannetto, che nel 1836 vinse il primo premio ed ebbe subito un grandissimo successo. Il libro è suddiviso in cinque parti, nelle quali il protagonista, Giannetto appunto, affronta diverse circostanze che sono occasione per apprendere nozioni sulla storia, la geografia, il corpo umano, i mestieri ma anche insegnamenti di ordine morale e religioso. L’opera venne pubblicata in tutte le principali città italiane, ebbe oltre cento edizioni tra il 1837 e il 1898, senza contare quelle non autorizzate.

Il Giannetto fu il più diffuso libro di lettura elementare per almeno quarantanni, una specie di sussidiario, uno strumento quotidiano per ragazzi, maestri e genitori. Fu, in altre parole, il testo su cui si formarono le prime generazioni dell’Italia unita, in attesa che arrivassero Pinocchio e Cuore. Fu anche il libro di riferimento per una generazione di scrittori, ispirati e stimolati dal successo dell’opera. Carlo Lorenzini (più noto come Carlo Collodi) nel 1877, cioè quattro anni prima di dare vita al suo Pinocchio, pubblicò un Giannettino, rifacimento e continuazione del Giannetto e, come questo, pensato come libro di lettura per gli alunni delle scuole elementari. Dalla penna dello stesso Collodi, seguirono altri sei titoli (La grammatica di GiannettinoLa geografia di Giannettino…).

La fama prolungata del Giannetto oscurò le altre pubblicazioni di Parravicini, le più importanti delle quali erano rivolte non più ai ragazzi ma alla formazione degli insegnanti. Ricordiamo almeno il Manuale di pedagogia e metodica (1842 e 1845), frutto della sua esperienza come consulente per lo sviluppo della scuola pubblica nel Canton Ticino, e l’Ordinamento della educazione popolare (1851), sorta di documento di indirizzo per la politica scolastica e testamento di un uomo che spese la vita dedicandosi con passione e dedizione alla causa dell’istruzione popolare.

Anche il rapporto di Parravicini con la nostra città è fortemente connotato dalla generosità e dall’impegno. Giunto a Vittorio, o meglio a Serravalle, nel palazzo che oggi porta il suo nome, probabilmente nel 1865, quando era ormai in pensione e non rivestiva più incarichi pubblici, si rese disponibile per l’avvio del Liceo Convitto Comunitativo e fece parte del Consiglio Comunale, partecipando alla storica seduta del 22 settembre 1866 in cui Ceneda e Serravalle si fusero per diventare Vittorio. Morì il 4 agosto 1880. Mai sposato e senza eredi diretti, lasciò il palazzo alla governante e a un figlioccio (che di lì a poco morirono a loro volta senza eredi rimettendo così al Comune il Piazzoni-Parravicini), donò la sua biblioteca alla città di Vittorio e le sue sostanze alla Casa di Ricovero e a un istituendo orfanotrofio.

Terminiamo citando la conclusione della monografia commemorativa curata da Giampaolo Zagonel:

«È chiaro che Giannetto e le altre opere di Parravicini non possono al giorno d’oggi essere oggetto se non di studio, racchiuse come sono entro i confini dell’Ottocento preunitario, essendo inevitabilmente superato il contesto sociale, economico e politico per cui le opere di Parravicini erano state scritte e proposte. Resta comunque indubitabile il fatto che la sua figura di didatta e pedagogo rimane una pietra miliare per la scuola primaria dell’Ottocento. Se non altro per questo motivo si doveva perpetuarne il ricordo con un degno restauro del suo sepolcro».


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